L'abito, e l'abito "religioso" non fa eccezione, convoglia una serie di significati che sono molto più intricati e profondi di quelli che in generale siamo portati a credere.
La relazione tra corpo, abito e religione rivela sistemi di pensiero talvolta molto antichi, ma soprattutto è una dichiarazione visuale di quello che sono le nostre credenze e i nostri valori.
A volte, l'espressione dell'abbigliamento religioso è anche una negazione del pensiero altrui ed è lì che si di solito si sviluppa la tensione tra la libertà di pensiero e l'osservanza della regola. Nel conformarsi a rigide regole religiose il corpo è sottoposto al controllo della mente, ma anche a quello dell'autorità pubblica.
Tra gli autori che con grande efficacia hanno analizzato l'importanza del corpo e del rito - incluso quello della 'moda' - nella vita dell'individuo, dobbiamo ricordare Mary Douglas (1921-2007; Purezza e Pericolo, 1966), una delle prime antropologhe ad utilizzare un metodo multidisciplinare per giungere a capire l'origine di alcuni meccanismi della nostra mente che ci portano a creare categorie come il 'buon0' e il 'cattivo', anche nell'abito e nelle 'abitudini'.
La rappresentazione delle caratteristiche e degli attributi dei santi seguono questo filone di pensiero, ed è anche il motivo per cui le leggende dei santi sono a volte 'strane', contengono elementi 'bizzarri', o contengono un messaggio apparentemente contraddittorio.
Ma non siate stupiti se l'abito è spesso protagonista della storia dei santi, tanto quanto la loro leggenda, perché l'abito - ormai dovremmo saperlo - 'parla'.
Lunedì prossimo, per chi è interessato, tra le altre cose, osserveremo come l'abito caratterizza le storie di S.Caterina d'Alessandria, S.Lucia e S.Barbara e come il 'messaggio' delle sante si rappresenta anche nell'immagine del loro corpo e del loro abito.
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