Tra XVII e XVIII secolo l’artigianato napoletano ha creato presepi oggi celebri in tutto il mondo: figurari e pastorari lavoravano nelle botteghe di artigiani specializzati, realizzando figure in legno, cera, cartapesta o terracotta, rivestite spesso in abiti contemporanei – con l’eccezione della Sacra Famiglia e delle figure angeliche. La tradizione si è tramandata di generazione in generazione, giungendo fino a noi e diffondendo l’arte e la cultura del presepe in ogni angolo del mondo.
XVIII sec., Giuseppe Sammartino, Presepe, Bressanone
Ciascuna delle moltissime figure del presepe ha diversi significati, facendo di esso un micro-mondo nel quale l’ingegnosità dei suoi automatismi e l’attenzione per ogni dettaglio fanno a gara a suscitare la curiosità dello spettatore, conducendolo per mano però in un cammino che è anche spirituale.
Ma quale valore ha l’abbigliamento in queste raffigurazioni?
Nei presepi Sette e Ottocenteschi, alcuni personaggi erano seguiti da cortei ricchi di figure esotiche, particolari, dettagliatamente raffigurate in costumi vagamente fiabeschi. Oggi, accanto a figure tradizionali come i pastori o i re magi, sono presenti anche personaggi anacronistici, come quelli della politica, dello sport, dello spettacolo, in un affastellarsi di figure che può apparire vagamente dissacratorio.
Eppure, non è così.
Il presepe raffigura un evento soprannaturale che per sua stessa natura non può prescindere dall’ordinario e dal quotidiano: Dio si fa uomo per noi tutti i giorni, ci dice il presepe, e lo fa confrontandosi con l’umanità nelle sue mille sfaccettature: pastori e contadini, osterie con i clienti, suonatori di mandolino, danzatori, maghi, Pulcinella, il cacciatore, la zingara, la lavandaia, zì monaco e i mendicanti, i Mori che seguono il corteo dei Magi, gli animali – pecore, e galline, ma anche cammelli e perfino elefanti – tutto contribuisce a trasmetterci un mondo ordinario, vivido e attuale, che si confronta con la manifestazione dello stra-ordinario e del divino.
La riflessione teologica sull’umanità del Cristo portò, con l’Umanesimo e il Rinascimento, a raffigurare Gesù come un bambino, giudizioso e vulnerabile, e Maria come una madre, affettuosa e attenta.
Fra Tre e Quattrocento le vesti di Maria e di Gesù diventano quelle quotidiane e ‘alla moda’, proprio per comunicare il messaggio che Dio si è fatto uomo e come uomo ha vissuto.
Dopo questa prima fase di ‘sperimentazione’ le vesti della Sacra Famiglia si ‘cristallizzano’, mentre proliferano figure che assistono alle scene della Natività vestite dei loro abiti migliori… ovviamente alla moda.
I ‘presepi’ (da prae-saepe, ovvero recinto ma anche mangiatoia) si moltiplicano dopo l’invenzione del primo presepe 'vivente', attribuita a San Francesco (1223): basti ricordare il presepe di Arnolfo di Cambio (1291), oggi conservato nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, composto dalla Sacra Famiglia, con bue ed asinello, e i re Magi.
1291, Arnolfo di Cambio,
Re Mago in veste sacerdotale,
Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma
Già nel ‘400 a Napoli si producevano presepi con grandi figure, e nei secoli a seguire la tradizione si diffuse dalle chiese alle case, miniaturizzandosi nel processo.
Nel Settecento il presepe è ormai una tradizione consolidata, e tutti – dalle grandi corti alle case borghesi - fanno a gara per avere il presepe più bello, più ricco, più particolare, tanto che compaiono veri e propri maestri come Giuseppe Sammartino, Polidoro, Mosca, il Somma, ciascuno con sue proprie specificità artistiche.
Il Settecento e l’Ottocento che segue vedono la celebrazione del valore artistico del presepe, ma anche l’affermazione dell’egemonia occidentale e il picco dello sfruttamento coloniale e schiavistico, come anche l’affermazione della rivoluzione industriale con lo sfaldamento del mondo rurale dei secoli precedenti. Il cambiamento della società si riflette anche nella realizzazione dei presepi nei quali si possono ammirare quei costumi popolari che stavano scomparendo nella realtà, inghiottiti dagli usi cittadini.
Contadina Napoletana, XVIII secolo, Collezione Cuciniello,
Museo di San Martino, Napoli
Nel 1877, in occasione dell’Esposizione Nazionale di Belle Arti tenutasi a Napoli, proprio ai pastori ed ai personaggi del presepe venne dedicata un’intera sezione, affermando finalmente l’importanza del presepe come espressione culturale, oltre che di ‘folklore’.
E poi fu il tempo degli antiquari e dei collezionisti: nel 1879 l’architetto Michele Cuciniello donò la sua ricca raccolta di figure di presepe, tutte di altissima qualità, allo Stato, valorizzando l’esposizione nel Museo di San Martino, presso la Certosa di Napoli, con una imponente scenografia.
Molti sono oggi i musei nel mondo che accolgono intere sezioni dedicate alla tradizione del presepe, nelle sue infinite declinazioni, e non solo in Italia.
Tra i più importanti a livello internazionale ricordo il Bayerisches Nationalmuseum di Monaco (Germania), il Museo Internacional de Arte Belenista di Mollina (Spagna), il Glencairn Museum di Bryn Athyn, Pennsylvania (U.S.A.).
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