Parlando di ... disagi.
- Sara Piccolo Paci

- 17 ott
- Tempo di lettura: 5 min
"Apritevi alle differenze. Unitevi. Oppure sarete divisi, derubati, dominati, uccisi da chi vi vede come preda. Apritevi alle differenze o verrete distrutti."
Octavia E.Butler, 1993, La Parabola del Seminatore
E' molto tempo che non scrivo un post. Non è facile arrogarsi il diritto di invadere la vita altrui con le proprie opinioni, anche se è quello che tutti facciamo, sia sui social che nella vita, sigh!
Ma la condivisione delle opinioni è anche un potente mezzo per conoscere e capire il mondo e ciò che ci accade e, come educatrice, non posso esimermi dal farlo, specie quando vedo-leggo-ascolto-e-rifletto su cose che mi toccano profondamente.

L'occasione stavolta mi è data dalla combinazione di tre fattori: due mostre e una lettura.
Qualche settimana fa, a Torino, ho visitato nel giro di poche ore due esposizioni molto diverse:
La prima "Da Botticelli a Mucha, Bellezza, Natura, Seduzione", Musei Reali di Torino, Sale Chiablese (era fino al 28 settembre);
La seconda è la "World Press Photo Exhibition 2025", presso l'Accademia di Belle Arti (aperta fino all'8 dicembre) .
Il terzo elemento è stato la lettura di "La Parabola del Seminatore" (1993), libro di fantascienza distopica - ma mica poi tanto - di Octavia E. Butler (1947-2006), una delle più importanti scrittrici di fantascienza degli ultimi sessant'anni.
Ok, vengo al punto.

La mostra Da Botticelli a Mucha sembrava mescolare insieme un po' di cose, e mi metteva vagamente a disagio. Disagio che non riuscivo a capire.
Capolavori immensi: arte antica, Botticelli, lo Schiavone, Antiveduto Gramatica, Mucha, Saccaggi... nei quali il corpo della donna è esplorato, indagato, conquistato... ammirato?
E poi, acquarelli di piante seicenteschi, che non sembravano avere un contatto diretto con la bellezza muliebre, che era evidentemente il tema principale, anche se il fatto che gli acquarelli in questione fossero parte delle collezioni sabaude è stato certamente un elemento decisivo per la loro mise-en-place. Tuttavia, la presenza di queste piante -e del sottotitolo - Bellezza, Natura, Seduzione - mi ha dato da pensare...
L'esposizione della World Press Photo all'Accademia era di tutt'altro genere, e anche quella mette a disagio, pure se in altro modo.
Qui, le immagini sono emotivamente molto forti, coinvolgenti, allucinanti perfino.
Uomini, donne, bambini, che mostrano al fotografo - e a noi - parti essenziali dei loro corpi-volti-storie-vite. Vite difficili, colte a volte in un momento specifico o altre in un tempo indefinito, talmente quotidiano da essere eterno. Vite che hanno conosciuto la violenza - stupri di massa, emigrazione in contesti drammatici, morte di familiari, cambiamenti climatici estremi.
Immagini in cui sono i corpi che parlano, non vi è bisogno di parole, di spiegazioni altre se non le foto.
Federico Rios, Sentieri di disperata speranza, Un padre e la figlia sfiniti sul sentiero attraverso la giungla. Colombia, 2022
Cinzia Canneri, I corpi delle donne come campi di battaglia, Sudan 2021
Noel Celis, Quattro tempeste, 12 giorni: quattro cicloni consecutivi in 12 giorni. Filippine, 2024
Ci ho messo un po' a razionalizzare.
Cos'è che lega bellezza-natura-seduzione, in effetti? E' il punto di vista, sostanzialmente maschile, su qualcosa da desiderare e possedere. I corpi esposti sono di donne considerate belle al loro tempo, che incarnano ideali estetici apprezzabili - giovani, belle, fertili - le Tre Grazie, la Venere, le Muse, le bellezze della corte, le Femme Fatal, le Vamp del momento per non parlare della celebrazione di miti come il Ratto di Elena (che, nell'oggetto scelto, è piuttosto uno stupro).
F. Bertos, Ratto di Elena, 1738 Bellezze di Corte, Pittori Sabaudi, 1650ca. C. Saccaggi, Semiramide, 1905ca.
Tutte rivolte verso l'osservatore, che difficilmente è un'altra donna, quantomeno statisticamente.
E non sto parlando di orientamenti sessuali, sto parlando del perchè la bellezza e la seduzione sono associati principalmente a dei corpi di giovani donne... e a questo si aggiunge il termine "natura", che - sappiatelo - è tutto fuorché "naturale".
Gli ideali di bellezza femminili cambiano, mediamente, ogni dieci anni, quindi qual'è più "naturale"? La Garçonne degli anni Venti, o la Pin Up degli anni Cinquanta? L'Androgina degli anni Settanta o la Twiggy-style degli anni Sessanta? Le spalle squadrate degli anni Ottanta o l'Heroin Chic degli anni Novanta?
E se in una mostra il corpo femminile è abbinato a degli acquarelli di piante, qual'è l'associazione di idee che si sta seguendo?
Che la donna è come un "fiore" (delicata ed eterea)? Come un "frutto" (da cogliere)? Come un pezzo di terra (da possedere)? Un pezzo di Paradiso Terrestre (per chi? Adamo o Eva?)?
Il disagio mi viene dalla consapevolezza che la "bellezza femminile" è identificata con ciò che piace "agli uomini", e voi direte "che c'è di strano? mica devono piacere ad altre donne", Forse si, forse no, però è così che ci viene raccontata: quell'ideale di bellezza è proprio quello che ci viene detto di impersonare, seguire, rappresentare. E dunque? Siamo "belle" se corrispondiamo a ciò che il punto di vista maschile desidera che noi siamo? E noi ci sentiamo "belle" solo se corrispondiamo al desiderio maschile del momento, e magari giudichiamo altre donne "brutte" se si permettono di discostarsi da ciò che il "sentire comune" decide sia il "bello" del giorno?
Questa riflessione, che sul momento è stata nebulosa nella mia consapevolezza, si è risvegliata drammaticamente nel vedere a poche ore di distanza la realtà brutale della mostra fotografica, dove i "corpi" erano tutto tranne che "ideali".
La realtà dello sfruttamento - dei corpi e della terra -, della mercificazione e dell'indifferenza di chi guarda e passa oltre, è terribile.
Tra tutte le immagini - vi assicuro, tutte notevoli - alcune mi hanno colpito particolarmente, perchè si collegano alle considerazioni precedenti: le foto di Cinzia Canneri (Italia, Association Camille Lepage) e quelle di Kiana Hayeri (Iran/Canada, Fondazione Carmignac).

Cinzia Canneri, Dati sulle violenze sessuali raccolti durante la guerra del Tigrè: né l'Eritrea né l'Etiopia hanno mai riconosciuto
i crimini di guerra e gli stupri di massa commessi dalle loro forze armate. Sheraro, Tigrè, Etipia, 2023
La prima, dal 2017, testimonia il coraggio e la resistenza delle donne eritree ed etiopi in fuga "dalle sistematiche violenze - stupri, fucilazioni, torture - che - a causa della stigmatizzazione sociale, delle ridotte strutture sanitarie e del difficile accesso dei giornalisti, non ricevono un'adeguata divulgazione da parte dei mezzi di informazione" e che, nonostante tutte le sofferenze, evidenti sui loro corpi, rivisitano il concetto di resilienza come una complessa sfida collettiva contro il dolore, il trauma, la perdita."

La seconda, con uno scatto emblematico, ha catturato l'assenza dei corpi delle donne afghane in tutti i campi della vita che noi diamo per scontati: anche il giorno del matrimonio è marcato da un'assenza, quella del volto della sposa stessa, bannato perfino nelle vetrine che vendono gli abiti da sposa! Secondo un'ordinanza recente, i volti delle donne vengono coperti o cancellati anche dai poster e nelle vetrine, qui sostituiti da un sacchetto di plastica sui manichini.
"Gli spazi in cui le donne una volta si riunivano liberamente - scuole, parchi, palestre, saloni di bellezza e uffici - sono ora vietati."
Kyana Hayeri, Kabul, Afghanistan, 6 febbraio 2024
Infine, La Parabola del Seminatore.

Octavia E. Butler ha vinto premi importanti (Nebula, Hugo, ...) ed ha scritto libri potenti dove analizza temi come il razzismo, il sessismo, lo schiavismo moderno, i cambiamenti climatici, l'orrore e l'indifferenza, le responsabilità che ciascuno di noi ha in ciò che ci accade intorno e che, talvolta, lasciamo accadere.
La Parabola del Seminatore è stato pubblicato nel 1993. Leggetelo. Un'occasione per capire come molto di quello che sta succedendo adesso avrebbe potuto forse essere evitato, se una scrittrice di romanzi di fantascienza ha potuto immaginarlo oltre trent'anni fa.
Spoiler: è ambientato nel 2025!
C'è chi continua a dire che il patriarcato non esiste, che le donne "se la tirano", che un complimento - anche se fuori luogo e fuori contesto - è solo un complimento, che le donne "dovrebbero darsi da fare per essere in forma", che spetta a loro "essere belle", e che niente di tutto ciò ha a che fare con un sentimento malsano del possesso e del controllo...
Bè, forse la vita non è fantascienza... ma ci si avvicina molto.



















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